45 anni del Sistema Sanitario Nazionale
Quarantacinque anni fa, il 23 dicembre 1978 Tina Anselmi, prima donna italiana al ministero della Sanità, appose la firma alla legge n. 833, istitutiva del tanto atteso Servizio Sanitario Nazionale (SSN).
La nascita del SSN segnò per il paese un grande salto di qualità, a partire dal suo obiettivo principale: il passaggio dalla cura della malattia, concepita per lo più come sofferenza individuale, alla tutela e promozione universale della salute, fisica e psichica, individuale e collettiva. Il nuovo servizio fu caratterizzato da un’impostazione integrata dell’intervento sanitario e di quello sociale, dalla priorità dell’attività di prevenzione, da un’organizzazione decentrata e territoriale, da un approccio capace di investire le questioni legate alle condizioni di lavoro, alla tutela dell’ambiente, al benessere umano complessivo.
I principi con cui nasceva erano radicali.
Universalità di copertura, non solo ai cittadini italiani ma a tutti, senza alcuna discriminazione, era garantito il diritto alle cure.
Equità di accesso e uguaglianza di trattamento.
Globalità e uniformità territoriale delle prestazioni erogate; impiego coordinato delle moderne tecniche di prevenzione, cura e recupero. E ancora, centralità dell’azione preventiva; decentramento territoriale; unicità di gestione dei servizi da parte delle Unità Sanitarie Locali (Usl), concepite come strumenti di un intervento integrato a tutela della salute che comprendeva molteplici aspetti. Partecipazione e controllabilità democratica; programmazione dell’offerta dei servizi e della spesa; finanziamento tramite la fiscalità progressiva generale. Nella sua architettura, esso capovolgeva il precedente assetto sanitario, spostando potere e risorse dall’inefficiente edificio delle Casse Mutue e degli enti ereditati dal fascismo, a istituzioni più vicine ai cittadini, con un finanziamento che passava dal vecchio meccanismo assicurativo alla fiscalità progressiva. In questo modo il principio di equità veniva realizzato con un finanziamento che era parte dei meccanismi redistributivi e solidaristici del welfare e con un’erogazione di servizi fondati sui bisogni di salute indipendentemente dai contributi versati e dal reddito.
Prima della riforma del 1978, il sistema sanitario era di tipo Bismarck (vedi pagina 8), basato su numerosi enti mutualistici (o "casse mutue"). Ciascuna cassa mutua era competente per una determinata categoria di lavoratori che, con i familiari a carico, vi erano obbligatoriamente iscritti e, in questo modo, fruivano dell'assicurazione sanitaria per provvedere alle cure mediche e ospedaliere, finanziata con i contributi versati dagli stessi lavoratori e dai loro datori di lavoro. Il diritto alla tutela della salute era quindi correlato allo status di lavoratore di uno dei componenti della famiglia, con conseguenti casi di mancata copertura. C’erano, inoltre, sperequazioni tra gli stessi assistiti, legate alla disomogeneità delle prestazioni assicurate dalle varie casse mutue.
Nel 1978, con il passaggio al modello SSN (sistema di tipo Beveridge: vedi sempre pagina 8), viene meno l'equazione assicurato = assistito: il mantenimento e il recupero della salute fisica e psichica, attraverso prestazioni erogate dal sistema sanitario, divengono diritto spettante a ogni individuo in condizioni di eguaglianza, in attuazione degli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione. Cambia inoltre la fonte del finanziamento delle prestazioni sanitarie: non più i proventi dei contributi (dei lavoratori e dei datori di lavoro), ma - perlopiù - la fiscalità. Nell'evoluzione successiva del sistema, oltre a diversi aggiustamenti sul fronte del finanziamento (che non intaccano il modello di fondo), un passaggio cruciale è rappresentato dall'introduzione dei Livelli essenziali delle prestazioni (LEA), che definiscono quali sono le prestazioni sanitarie erogabili dal SSN e le cure che devono essere garantite in tutte le regioni italiane: attraverso i LEA si dovrebbe dar luogo, sull’intero territorio nazionale, a una omogeneità di offerta dei servizi sanitari.L'SSN italiano opera sia con strutture pubbliche (o equiparate) sia attraverso enti privati (accreditati e convenzionati). Si tratta peraltro di un sistema articolato in una pluralità di servizi sanitari regionali, essendo la materia "tutela della salute" attribuita alla cosiddetta potestà legislativa concorrente tra Stato e Regioni (art. 117, comma terzo, della Costituzione).